rigenerazione della polpa dentale, nuove frontiere odontoiatriche

Rigenerazione della polpa dentale: tecniche, evidenze e prospettive in endodonzia

La rigenerazione della polpa dentale, nell’endodonzia moderna, sta emergendo come alternativa innovativa al trattamento classico del canale radicolare nei casi di necrosi pulpare. L’idea è recuperare, almeno in parte, la componente vitale (vascolare, innervata, con cellule staminali) del sistema polpa-dentina.
Pur non essendo ancora una procedura routinaria, le ricerche cliniche e sperimentali recenti mostrano progressi significativi. In questo articolo analizzeremo i principi biologici, le strategie terapeutiche proposte, i limiti attuali e le prospettive per il futuro.

Cos’è la rigenerazione della polpa dentale

La rigenerazione della polpa dentale (in inglese pulp regeneration, regenerative endodontics) è una procedura biologica mirata a sostituire o ripristinare i tessuti pulpari danneggiati, compromessi da carie profonda, trauma o infezioni, con tessuto vitale che assicuri funzioni nutritive, difensive e sensoriali.

A differenza della semplice rivitalizzazione invasiva (evocazione di emorragia apicale), la rigenerazione punta a ricreare strutture più complesse, idealmente con vascolarizzazione e innervazione.
Fra le strategie si distinguono:
• combinazioni di queste tecniche
• approcci cell-free (promozione del cell homing, cioè migrazione di cellule mesenchimali residenti)
. approcci cell-based, con trapianto di cellule staminali dentali o mesenchimali
. uso di biomateriali / scaffold funzionalizzati con molecole bioattive (fattori di crescita, peptidi)
Motivazione clinica: perché investire nella rigenerazione
Negli approcci tradizionali, quando la polpa è necrotica, si procede alla disinfezione e otturazione canalare con materiali inerti. Tuttavia: non si ricrea mai il tessuto pulpare originario, il dente perde la vitalità e la capacità difensiva, aumenta la fragilità strutturale,nei casi di radici immature non concluse, la crescita radicolare si arresta.
Rigenerazione della polpa dentale: obiettivi primari:
• recupero di sensorialità / difesa biologica
• controllo dell’infezione e guarigione periapicale
· formazione di tessuto vitale all’interno del canale

In diversi studi, l’obiettivo finale è quello di ottenere non solo un tessuto “di riparazione”, ma una struttura il più possibile simile alla polpa originaria in termini di vascolarità, cellule, innervazione e capacità di risposta immunitaria.
Principi biologici fondamentali:
– Cellule staminali dentali e nicchie tissutali
– Nel dente e nei tessuti circostanti esistono cellule staminali mesenchimali che possono contribuire al processo rigenerativo:
– DPSCs (Dental Pulp Stem Cells) presenti nella polpa residua
– SCAP (Stem Cells from Apical Papilla), utili nei denti con apici non completi cellule del legamento parodontale e altre nicchie mesenchimali adiacenti.
Queste cellule rispondono a segnali chimici e meccanici (fattori di crescita, molecole segnale) che regolano proliferazione, migrazione e differenziamento. 
 
Scaffold e biomateriali
Scaffold tridimensionali (matrici sintetiche o naturali) svolgono un ruolo chiave: fungono da impalcatura per le cellule, favoriscono il trasporto di nutrienti, possono essere impregnati con fattori di crescita o molecole bioattive per orientare il processo rigenerativo. 
La “funzionalizzazione” dello scaffold (cioè modifiche per rilasciare molecole utili) è una frontiera in molti studi recenti.
Angiogenesi, innervazione e interfacce dentina-polina
Non basta che cresca del tessuto: perché la rigenerazione sia “funzionale”, serve che si creino vasi sanguigni e fibre nervose che penetrino il tessuto neo-formato. Questa fase è tra le più difficili da ottenere in condizioni cliniche.
L’interfaccia tra la nuova polpa e la dentina residua deve permettere la deposizione di tessuto di tipo odontoblastico o dentinogenico — un tema centrale di ricerca.

Strategie terapeutiche attualmente studiate
Approccio cell-free / Cell homing
In questo metodo non si impiantano cellule exogene, ma si stimola la migrazione di cellule endogene verso il canale trattato. Lo scaffold è progettato per attivare le cellule staminali residenti mediante fattori di crescita incorporati.
Questo approccio ha il vantaggio di essere più semplice, meno costoso e meno invasivo rispetto al trapianto cellulare. Tuttavia, il controllo della qualità del tessuto rigenerato può essere meno prevedibile.

Approccio cell-based
Prevede l’isolamento, espansione e reimpianto di cellule staminali (es. DPSCs, SCAP) in combinazione con scaffold e fattori bioattivi. Alcuni studi su animali e prototipi clinici mostrano risultati promettenti.
Tra le sfide: garantire la sopravvivenza cellulare, la differenziazione controllata, evitare risposta immunitaria avversa, e integrare la nuova polpa con la dentina residua.

Scaffold funzionalizzati e biomolecole
Molte ricerche recenti si concentrano sull’uso di scaffold caricati con fattori di crescita (BMPs, VEGF, FGF, molecole segnale etc.), peptidi bioattivi, nanomateriali e materiali degradabili con cinetiche controllate.
Questi scaffold sono progettati per rilasciare progressivamente segnali che guidino la migrazione cellulare, la proliferazione e la maturazione del tessuto.

Tecniche ibride
In vari studi si combinano le strategie: cellule + scaffold funzionalizzato + segnali bioattivi + condizioni di ingegneria tissutale (es. bioreattori in laboratorio prima dell’impianto). Queste tecniche multidisciplinari rappresentano la direzione verso cui sta andando la ricerca. 

Evidenze cliniche e sperimentali. Studi sperimentali e preclinici
Numerosi studi animali e modelli in vitro hanno dimostrato che è possibile ottenere formazione di tessuto vascolarizzato all’interno del canale, con cellule simili a odontoblasti, deposizione di tessuto simile alla dentina, e risposta biologica positiva.

Un recente articolo open access sintetizza le strategie basate su scaffold funzionalizzati e riporta che la rigenerazione completa (con tutte le componenti – vascolare, nervosa e cellulare) è ancora una sfida ma risultati utili sono già ottenibili in molti casi sperimentali.

Studi clinici e casi umani
Nella letteratura vi sono alcuni case report e piccole serie cliniche che mostrano rigenerazione della polpa dentale parziale: guarigione periapicale, aumento di spessore radicolare, risposta positiva a test di vitalità in denti trattati con protocolli rigenerativi.

Tuttavia, molti protocolli non ricreano una polpa “perfetta”: il tessuto neoformato spesso è fibrovascolare e non sempre contiene fibre nervose funzionali.

Un recente review pubblicato nel 2025 descrive come la “functionalizzazione” dello scaffold con molecole specifiche possa migliorare i risultati nei denti necrotici.

Limiti, problemi e ostacoli tecnici

  • Controllo delle infezioni e sterilizzazione: uno dei punti più critici è eliminare batteri residui senza danneggiare le cellule staminali potenzialmente utili.
  • Integrazione vascolare e innervazione: ottenere vasi e fibre nervose che penetrino il tessuto è complesso.
  • Predicibilità del tessuto rigenerato: la variabilità individuale rende difficile prevedere esattamente cosa crescerà.
  • Costi, normative e infrastrutture: i protocolli avanzati richiedono ambienti di laboratorio, approvazioni regolatorie e tecnologie avanzate.
  • Longevità e stabilità: il tessuto rigenerato deve mantenersi funzionale nel tempo.

Questi aspetti sono attualmente al centro della ricerca in rigenerazione endodontica. 

Vediamo passo dopo passo cosa succede durante questo percorso clinico.

Scelta del caso

Non tutti i denti sono candidati alla rigenerazione della polpa dentale. I più indicati sono quelli che hanno perso la vitalità della polpa ma che non presentano fratture gravi, né danni troppo estesi alla struttura. Spesso si tratta di denti giovani, con la radice ancora in formazione, che hanno quindi un apice radicolare aperto o solo parzialmente chiuso. La condizione del tessuto parodontale, cioè quello che circonda e sostiene il dente, deve essere buona, così da garantire la possibilità di guarigione.

Pulizia e disinfezione

Il passo successivo è la disinfezione del canale radicolare. A differenza di una normale devitalizzazione, qui il lavoro deve essere fatto in maniera estremamente delicata, perché lo scopo non è rimuovere tutto in modo definitivo, ma creare un ambiente favorevole alla rigenerazione. Si usano quindi soluzioni irriganti, come l’ipoclorito di sodio o l’EDTA, a concentrazioni controllate. Questi liquidi hanno il compito di eliminare i batteri senza però danneggiare le cellule residue che possono ancora essere utili per il processo rigenerativo.

Attivazione biologica

Uno dei momenti decisivi è l’induzione di un leggero sanguinamento dall’apice del dente. In questo modo, cellule progenitrici provenienti dai tessuti circostanti possono entrare nel canale radicolare e dare avvio al processo di guarigione. Questo è il metodo tradizionale. In alternativa, la ricerca sta sviluppando materiali detti scaffold (impalcature biologiche), impregnati di molecole che attraggono le cellule rigenerative, senza bisogno di stimolare il sanguinamento.

Inserimento del materiale rigenerativo

All’interno del canale viene poi posizionata una matrice, un gel o un biomateriale che funge da “impalcatura”. Serve a sostenere le cellule che migrano all’interno e a favorire la crescita di nuovo tessuto. È un po’ come seminare un terreno preparato: lo scaffold è il terreno fertile in cui le cellule possono attecchire e moltiplicarsi.

Chiusura e protezione

Una volta preparato l’ambiente, il canale deve essere sigillato con materiali biocompatibili, che impediscono l’ingresso di nuovi batteri. Questo passaggio è fondamentale, perché un’infiltrazione microbica comprometterebbe l’intero processo rigenerativo.

Controlli nel tempo

Il lavoro non finisce con l’ultima otturazione. La rigenerazione richiede un attento monitoraggio nel tempo, con visite odontoiatriche e radiografie di controllo a 6 mesi, 1 anno e 2 anni. Questi check servono a verificare se si è formato nuovo tessuto, se la zona periapicale sta guarendo e se il dente torna a rispondere ai test di vitalità. In alcuni casi, si osserva non solo la scomparsa delle lesioni, ma anche la continuazione dello sviluppo radicolare, come se il dente fosse tornato a crescere.

Perché è un approccio rivoluzionario

La rigenerazione endodontica cambia completamente la prospettiva rispetto ai trattamenti tradizionali. Non si limita a “chiudere” un dente morto, ma prova a riportarlo a una condizione di vitalità, sfruttando le capacità rigenerative naturali del nostro organismo. È un ambito in continua evoluzione, con protocolli che si affinano sempre di più e con ricerche che introducono nuove soluzioni, come biomateriali innovativi e approcci “cell-free”.

Per i pazienti, significa avere una possibilità in più: quella di mantenere i propri denti naturali, anche in situazioni che fino a pochi anni fa avrebbero richiesto estrazioni o trattamenti molto invasivi.

Con il tempo, queste innovazioni potrebbero rendere la rigenerazione polpare una terapia di routine in casi selezionati.

Domande comuni:

La rigenerazione polpare è sempre possibile?
No. In molti casi, per l’estensione della lesione, la distruzione strutturale o la carie eccessiva, l’approccio tradizionale rimane più affidabile.

Si recupera la sensibilità?
A volte sì, ma la sensibilità ottenuta è spesso parziale e non equivale sempre a quella del dente originario.

Quanto costa rispetto al trattamento tradizionale?
Generalmente di più, almeno finché la tecnologia non diventerà più diffusa e standardizzata.

Ci sono rischi?
I rischi maggiori riguardano l’infezione residua, la risposta immunitaria, la formazione di tessuto di tipo non desiderato (fibroso) o calcificazioni aberranti.

Tra quanto tempo sarà una procedura standard?
Non è prevedibile con certezza; è probabile che nei prossimi 5-10 anni aumentino studi clinici, linee guida e protocolli che ne favoriranno l’adozione in casi selezionati.